Gli impollinatori sono di vitale importanza non solo per l’ambiente, ma anche per tutti noi. Per la maggior del cibo che consumiamo, infatti, dobbiamo ringraziare queste preziose creature. In particolare, l’80% di quello che mangiamo ogni giorno, senza il loro duro e costante lavoro, non esisterebbe e lo stesso vale anche per molti medicinali che vengono prodotti con principi estratti dalle piante.

Le api sono gli impollinatori più famosi, ma ce ne sono tanti altri altrettanto importanti di cui si parla poco o niente. Farfalle, falene, bombi, coleotteri, ma anche pipistrelli e altri piccoli mammiferi… ciascuna di queste specie contribuisce alla crescita e alla prosperità di interi ecosistemi. Ecosistemi sia naturali, sia gestiti dall’uomo per la coltivazione e, in entrambi i casi, l’impollinazione consente alle piante di continuare a vivere e prosperare.

L’utilità degli impollinatori in agricoltura

L’impollinazione, che consiste nel trasferimento di polline dagli organi maschili a quelli femminili delle piante, è il modo in cui queste si riproducono ed è prerequisito essenziale per lo sviluppo dei frutti e, ovviamente, anche dei semi.

L’impollinazione può avvenire grazie all’azione di insetti o piccoli animali che, mentre si nutrono del nettare dei fiori, trasferiscono il polline da una pianta all’altra, oppure per azione del vento che lo disperde. Le colture di cereali comuni come grano, riso, orzo e avena utilizzano il vento per l’impollinazione mentre la maggior parte delle varietà di colture permanenti, come ad esempio le mele, non può dipendere dal vento per riprodursi con successo e quindi ha bisogno degli impollinatori.

In Europa, delle 264 specie coltivate l’80% dipende dall’attività degli insetti impollinatori (EFSA, 2009). Impollinatori che consentono un incremento del valore monetario annuo mondiale delle produzioni agricole di circa 260 miliardi di euro. Nonostante tutto questo, la maggior parte delle pratiche agricole di oggi, in Italia e nel mondo, ancora – consapevolmente – continua a contribuire alla scomparsa delle popolazioni e specie di impollinatori, sottostimando le conseguenze. 

Il declino degli impollinatori e cosa si può fare

Negli ultimi decenni, il numero di impollinatori è calato drasticamente a causa della perdita di habitat a disposizione di questi animali, dell’esposizione ai pesticidi usati in agricoltura e dei gravi cambiamenti climatici in atto.

Osserviamo infatti un declino dell’abbondanza , della diversità e dello stato di salute degli impollinatori, selvatici e domestici. Importante sottolineare come oltre il 40% delle specie di impollinatori invertebrati rischiano di scomparire. E in Europa quasi la metà delle specie di insetti è in grave declino e un terzo è in pericolo di estinzione, inoltre, il 9% delle specie di apoidei è minacciato di estinzione e il 37% delle popolazioni di api sta diminuendo drasticamente. Il declino della popolazione delle farfalle è arrivato al 31% (IUCN,2015 e Mullin et al. 2010).

L’agricoltura intensiva, infatti, ha modificato la destinazione d’uso dei suoli alterando equilibri creati dalla natura in milioni di anni di evoluzione. Se a questo aggiungiamo il continuo utilizzo di pesticidi (chiamati spesso fitosanitari perché così, anche per la nostra salute, suonano meno nocivi) è facile comprendere perché la sopravvivenza degli impollinatori oggi è seriamente a rischio.

Le soluzioni ci sarebbero ma, come sempre, a differenza della Natura l’uomo pensa al profitto a breve termine senza preoccuparsi delle conseguenze future. Un approccio più sostenibile alle pratiche agricole potrebbe rallentare, se non fermare questo declino. Occorrono politiche pubbliche più incisive per migliorare l’habitat degli impollinatori e, di conseguenza, la produttività agricola.

Ad esempio, incentivando maggiormente l’agricoltura biologica che vieta l’uso di pesticidi ed erbicidi chimici oppure, ancora meglio, l’agricoltura rigenerativa che, ispirata alla permacultura, punta a costruire sistemi agricoli resilienti in grado di ripristinare la biodiversità del paesaggio. 

Sarebbe anche fondamentale introdurre, e forse andrebbe fatto per legge, delle rotazioni con miscugli di piante da fiore, da sovesciare in seguito, che possono essere inseriti nelle rotazioni vere e proprie oppure come seconde colture, al posto di lasciare i terreni incolti tra due colture successive questo creerebbe anche un miglioramento agronomico importante dei terreni. 

Anche iniziative private, come quella di Savingbees, sono utili per rallentare il declino degli impollinatori.

L’oasi Savingbees per sostenere gli impollinatori e migliorare la biodiversità

Le oasi apistiche Savingbees nascono con un obiettivo ambizioso: ripristinare la biodiversità e gli habitat di cui gli impollinatori hanno bisogno e, conseguentemente, invertirne il declino. L’oasi è un luogo selvatico meraviglioso e indisturbato. Un luogo dove questi piccoli animali possono trovare non solo il posto perfetto per nidificare, ma anche una costante fonte di cibo anche quando le colture agricole dominanti della zona non sono in fiore. La massa vegetale che si crea, inoltre, protegge gli insetti anche quando le piante giustamente sfioriscono creando un microclima idoneo a tutti gli animali selvatici. Insomma, un paradiso fiorito dove gli impollinatori (e non solo!) possono convivere sani, felici e in tutta sicurezza.

di Petra Invernizzi, Bee-Copy @Pinvi – Racconti di api